Jun 17, 2014

Attaccamento e Transitorietà: pilastri del Buddismo.

Il Buddha nacque 500 anni prima di Cristo ed elaborò uno stile di vita filosofico-teologico osservando la sofferenza della popolazione. La vita grama dei suoi tempi non è molto dissimile da quella odierna se si considera la popolazione mondiale nel suo insieme. La vita dell'uomo scorre all'insegna del dolore e della sofferenza (prima verità). Bisogna cercare la causa della sofferenza per porrvi rimedio (seconda verità). Se si conosce la causa è possibile ridurre ed eliminare la sofferenza (terza verità). Dato che il Buddha era un uomo pratico elaborò la quarta verità in cui indica il modo per vivere una vita tranquilla riducendo il peso dei problemi.  La via di mezzo rappresenta lo strumento per impostare il proprio stile di vita all'insegna dell'equilibrio e della correttezza (ottuplice sentiero).
Apparentemente potrebbe sembrare che il buddismo sia abbastanza semplice, ma in realtà vi sono concetti che non appartengono alla cultura occidentale e per tale motivo sono difficili da capire. Nel mare magnum di libri ed insegnamenti, c'è da perdere la testa e arrivare a non capire il buddismo.  Ora dopo quasi 10 anni di riflessione le antiche letture cominciano a mostrare il loro significato e i tanti tasselli si incastrano rendendo di volta in volta il mosaico più completo.
Per il buddismo la causa della sofferenza è l'attaccamento e la transitorietà. Cosa sono questi due concetti? L'attaccamento in occidente è stato definito da uno psicologo nel 1960 nella relazione che si instaura tra la madre e il neonato, mentre la transitorietà rappresenta la precarietà e l'instabilità delle situazioni. Il Buddha chiaramente afferma che l'ignoranza del vero significato di questi concetti porta alla sofferenza. 
L'Attaccamento. La vita è un ciclo che inizia con la nascita, continua con la crescita e termina con la morte. Tutto finisce e tutto si modifica. Niente rimane stabile durante la vita sia nel bene che nel male. Tutte le cose sono destinate a cambiare e quando questo avviene ecco che compare la sofferenza. L'uomo desidera la stabilità e vorrebbe che i momenti felici durassero all'infinito. L'IO è il grande artefice dell'attaccamento. Tutti hanno sperimentato che ad un breve momento di felicità segue un lungo periodo di infelicità. Quanto sarebbe bella una vita perennemente felice? La  realtà triste crea una situazione illusoria e l'IO reagisce cadendo in uno stato mentale irreale sognando una realtà distorta.
La Transitorietà. Il cambiamento è alla base della vita. Niente è perenne e tutto è destinato a morire. L'alternanza tra il bene e il male come la dualità tra il bello e il brutto sono inscindibili nel susseguirsi incessante del tempo. Dalla ricchezza si può passare alla povertà e viceversa la rincorsa della ricchezza è causa di frustrazione e preoccupazione. Ma alla fine tutto finisce e nessuno può portare con la morte quanto ha accumulato da vivo.
Se la giustizia terrena è fallace e la giustizia divina può tardare a manifestarsi, la cura che offre il Buddha è immediata e sicura. Lo stile di vita della persona deve essere equilibrato , il comportamento deve essere giusto e l'azione lontana dagli estremi. Bisogna sconfiggere l'ignoranza. L'uomo non è quella macchina eccezionale e superiore tanto esaltata dalla cultura occidentale. L'uomo ignora l'entità del dolore e vive nella illusione e nel ricordo dei brevi momenti felici. Diventare consapevoli di questa verità fa si che, conoscendo la causa della sofferenza, si può ridurre l'attaccamento ricordandosi ogni giorno la precarietà della vita.
Nella educazione occidentale mancano i concetti della transitorietà e dell'attaccamento che sono due pilastri fondamentali della filosofia buddista. La loro conoscenza permette di illuminare le tenebre della ignoranza e iniziare il percorso di vita più consapevole